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Alisso, Alyssum


Alisso

L’alisso è una pianta erbacea dai colori vivaci, che rallegra il giardino e la casa. Appartiene al genere Alyssum, che comprende decine di specie, e alla famiglia delle Cruciferae. Il nome “alisso” deriva dal greco e significa “senza collera”, in riferimento al fatto che la pianta, nell’antichità, era ritenuta un buon rimedio contro l’ira. Sembra infatti che alcune specie di questo genere abbiano delle proprietà medicinali, utilizzate un tempo per guarire gli infermi, e in particolare per curare l’idrofobia. Purtroppo per il resto è una pianta poco utilizzata da un punto di vista medico erboristico, per questa ragione è quasi impossibile trovarla citata in antichi trattati di erboristeria.

E’ originario dell’Europa e del Nord Africa. In Italia è molto apprezzato ed è utilizzato per creare aiuole, veri e propri tappeti colorati e bordure; è coltivato in giardino, ma si presta bene anche alla coltivazione in vaso, in cui,una volta piantato, si allarga rapidamente, facendo un bell’effetto. L’alisso ha una crescita rapida e vigorosa; può raggiungere un’altezza che va dai 15 ai 30 cm; ha fusti sottili e piccole foglie di colore verde-grigiastro; i fiori sono piccoli, profumati, riuniti in un’infiorescenza ad ombrella e possono essere di vari colori, bianchi, rosa, porpora, gialli.

Per una crescita ottimale dell’alisso si consiglia di collocare la pianta in un luogo soleggiato; grazie all’esposizione alla luce del sole, si avrà un’abbondante fioritura. L’alisso tollera anche esposizioni in semi ombra, ma in questo caso i fiori saranno meno numerosi. Sopporta abbastanza bene sia il caldo che il freddo; basta evitare temperature troppo basse, in quanto queste piante sono danneggiate dal gelo.

Ha la caratteristica di produrre una gran quantità di nettare, così i suoi fiori sono sempre attorniati da molte api.

Nellinguaggio dei fiori e delle piante simboleggia la pace del cuore e la tranquillitàinteriore.


Alisso made by Aurin


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Myosotis, Non ti scordar di me


Miosotis, non ti scordar di me

Il Myosotis è un genere di piante della famiglia delle borraginacee, comprendente circa 150 specie erbacee annuali o perenni, fra le quali il comune nontiscordardimé (o non ti scordar di me).

Il nome del genere deriva dal greco μῦς, μυός, «topo» e οὖς, ὠτός, «orecchio», con allusione alle foglie a orecchio di topo.

I fiori disposti in cime di solito appaiate sono generalmente senza brattee o qualche volta portano brattee nella parte inferiore. Il calice è regolarmente diviso fino a metà o oltre, più o meno accrescente nel frutto; è ispido per la presenza di peli setolosi tutti uguali e uniformi, diritti, appressati e rivolti verso l’alto; il suo colore è blu, azzurro intenso o con varianti bianche o rosa viola con centrale giallo.

Questo genere ha una distribuzione cosmopolita, essendo diffuso in Europa, Africa, Asia, America e Oceania.
In Italia è presente in tutte le regioni con un numero variabile di specie. Li puoi trovare più facilmente nei prati oppure in zone di montagna, spesso nelle vicinanze di corsi d’acqua, come ruscelli o torrenti. Questa pianta cresce in luoghi incontaminati infatti è un segnalatore di bio diversità,

Fra l’altro il Non ti scordar di me sboccia proprio in primavera, stagione degli amori, sull’erba dell’amore, pianta che nasce in luoghi umidi e che non si fa notare.

Secondo la tradizione la denominazione di “non ti scordar di me” sarebbe legata a una leggenda germanica secondo la quale Dio stava dando il nome alle piante quando una piantina, ancora senza nome, gridò: “Non ti scordar di me, Dio!” e Dio replicò: “Quello sarà il tuo nome!”.

Anche la più nota leggenda che racconta di questo bellissimo fiore dai petali azzurri è di origine germanica. Due giovani innamorati passeggiavano sulle rive del Danubio, quando s’imbatterono in un prato pieno di questi fiorellini. Il ragazzo iniziò a raccoglierne alcuni per  offrirli alla sua amata, ma mentre era intento a scegliere alcuni dei fiori più belli, scivolò e cadde nelle acque del fiume. Purtroppo però la storia non ha un lieto fine: il giovane ragazzo, ormai consapevole che sarebbe annegato, lanciò il mazzetto di fiori che teneva ancora in mano verso l’innamorata, gridando a gran voce “Non ti scordar di me!“. Così il fiore diventò il simbolo dell’amore eterno.

Le leggende che vedono protagonista questo fiore sono diverse, una di esse racconta che il Non ti scordar di me sia nato grazie a Gesù Bambino, il quale desiderando che i propri occhi venissero visti dalle generazioni future, sfiorò il grembo della Madonna, poi sfiorò il terreno e in quel momento comparve proprio questo fiore.

Dagli antichi era chiamato erba sacra ed era usata nella preparazione di medicamenti per gli occhi. Questa sua caratteristica fu interpretata nel tempo in modo allegorico e non passò troppo tempo perché il non ti scordar di me iniziasse ad essere considerata una pianta che oltre a guarire gli occhi, potesse guarire anche l’anima. Plinio il Vecchio dice che il fiore era considerato un simbolo di salvezza dal dolore e da ciò che potesse incupire la vita. Nell’antichità, ancor prima che al non ti scordar di me fossero attribuiti vari valori simbolici, il fiore veniva considerato un’erba sacra, utile per contrastare diverse malattie, e una sorta di talismano in grado di fornire protezione contro le streghe. Si riteneva che il suo decotto fosse utile per guarire le ferite dovute alle spade e ai morsi di serpente. Difatti era conosciuto anche con il nome di miosotide scorpioides visto che gli steli assomigliano alla coda di uno scorpione. Altre dicerie popolari ritenevano il succo estratto da questo fiore in grado di rendere l’acciaio più resistente.

Oggi si usa il rimedio floreale californiano Forget-me-not Myositis sylvatica utile per problemi derivati da disperazione, cordoglio, solitudine, mancanza di collegamento con la dimensione spirituale incapacità di prendere coscienza dei legami spirituali con gli altri; dolore per la perdita di una persona cara.

 Con il tempo, queste credenze popolari lasciarono il posto a usanze ben più concrete: ad esempio, in epoca vittoriana era comune decorare gli abiti delle spose con un non ti scordar di me, che veniva quindi associato all’amore e alla fedeltà; chi indossava il fiore non sarebbe stato dimenticato dalla propria amata. Successivamente, il fiore iniziò ad essere utilizzato per ricordare i defunti, come accade in Canada per commemorare i caduti durante la Prima Guerra Mondiale. Dal 1983 è divenuto anche simbolo della Giornata internazionale dei bambini scomparsi. Si sa però che fu durante il governo del presidente americano Jimmy Carter che venne istituita per la prima volta, nel 1978, questa festa e con essa il fiore ufficiale, che non a caso sboccia nello stesso periodo. Fra l’altro nel corso dei secoli questo fiore è stato utilizzato più volte per simboleggiare categorie di persone deboli, che non vanno dimenticate. A suo tempo lo amava molto anche re Enrico IV d’Inghilterra, scegliendolo addirittura come emblema personale durante l’esilio. Sempre per questa sua simbologia, il Non ti scordar di me è stato più volte utilizzato in campagne ed eventi dedicati alle vittime dell’olocausto nazista. La Massoneria usa il “non ti scordar di me” per ricordare i massoni vittime del regime nazista. I massoni tedeschi, infatti, si riconoscevano tramite questo simbolo, al tempo segreto, dato che il Terzo Reich aveva messo al bando le associazioni massoniche e deportava i massoni quali “dissidenti politici”.

Il “non ti scordar di me” è stato adottato a livello internazionale come fiore ufficiale della Festa dei nonni.

Il non ti scordar di me è individuabile nel fioreazzurro, simbolo d’ispirazione centrale e durevole del movimento letterario del Romanticismo, ideato dal poeta e filosofo romantico tedesco Novalis nel suo incompleto romanzo di formazione Heinrich von Ofterdingen. Rappresenta il desiderio, l’amore e lo sforzo metafisico di accostarsi all’infinito e all’irraggiungibile, tratti tipici della corrente romantica.

[…] quell’azzurro fiorellino dall’occhio luminoso lungo il ruscello
gemma gentile della speranza
dolce non-ti-scordar-di-me

Samuel Taylor Coleridge – 1802

Il Non ti scordar di me è facile da coltivare nelle aiuole, nei giardini rocciosi o persino in vaso e può essere utilizzato anche per la composizione di bouquet floreali dal tocco delicato. Gli esperti consigliano di coltivarlo, per favorire una fioritura precoce, tra l’estate e l’autunno. Le piante possono essere messe a dimora verso ottobre distanziandole di una ventina di centimetri l’una dall’altra. Il terreno dev’essere ricco e in grado di trattenere sufficiente umidità, per questo vengono privilegiati terreni argillosi e con parecchia materia organica. Il fiore ama sia il sole che la mezz’ombra, la quale gli garantisce una fioritura più lunga nel tempo. Ne esistono, come dicevamo, più varietà, che hanno caratteristiche leggermente diverse e anche i colori, per via delle ibridazioni, sono molteplici: dal classico azzurro intenso, della pianta spontanea, al rosa chiaro, dall’azzurro scuro con centro giallo al bianco con centro giallo.

In Italia è presente in tutte le regioni con un numero variabile di specie. I fiori del genere Myosotis possono essere facilmente confusi con quelli della Veronica, conosciuta anche con la denominazione di “occhi della Madonna”.


Myosotis made by Aurin


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Mimosa


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La mimosa è una pianta appartenente alla famiglia delle Mimosacea, che è stata importata in Europa all’inizio del XIX secolo: originaria dell’Australia, nel Vecchio Continente ha trovato il clima ideale per crescere e svilupparsi. Dato il suo bel portamento e le sue meravigliose caratteristiche ha avuto, nel corso del XIX, facile sviluppo come pianta ornamentale in tutto il continente europeo. In italia cresce spontanea in Toscana, nella Riviera Ligure, lungo le coste dei laghi lombardo-veneti e in quasi tutto il Meridione. Ama, quindi, il clima temperato. Essendo una pianta molto delicata teme gli inverni rigidi. Se esposta per lungo tempo a temperature sotto lo zero la pianta potrebbe facilmente morire. Inoltre, predilige terreni con buon drenaggio, freschi e moderatamente acidi, necessari per avere una rigogliosa fioritura.

I suoi rami sbocciano alla fine dell’inverno e con il loro colore giallo paglierino smorzano all’istante il grigiore della fredda stagione per portare l’allegria della primavera in arrivo.

In Italia, il rametto di mimosa fu associato all’8 marzo a partire dal 1946, quando per iniziativa della parlamentare comunista Teresa Mattei, venne offerto alle donne per la Giornata Internazionale. Un fiore economico che tutte le operaie potevano ricevere in dono e che fiorisce proprio in occasione di questa ricorrenza. I fiori della mimosa hanno un significato ben preciso: forza e femminilità. Non è quindi un caso che siano stati eletti simbolo della Festa della Donna. La capacità di fiorire anche in terreni difficili viene associata alla storia femminile e quindi alla resilienza delle donne, capaci di rialzarsi dopo ogni difficoltà. Simboleggia anche le lotte per i diritti e quelle che ancora restano da fare per arrivare alla parità di genere.

La Mimosa esprime inoltre innocenza, libertà, autonomia, pudore e sensibilità. In Inghilterra, nello scorso secolo, le ragazze meno avvenenti erano solite infilare un fiore di Mimosa nell’occhiello della giacca, della camicetta o fra i capelli per esibire la loro ideologia. Presso gli Indiani d’America, come già accennato, assumeva un significato diverso. In base a un’antica usanza, un rametto d’Acacia veniva donato da ogni giovane alla ragazza che gli aveva fatto palpitare il cuore. Questo perché, l’aspetto delicato di questo fiore nasconde forza e vitalità. Motivo, questo, per il quale la Mimosa è diventata, presso questi popoli, simbolo di forza e femminilità. Nel linguaggio dei fiori, la mimosa evoca amorisegreti. Chi offre in dono questo fiore afferma: “Nessuno sa che ti amo, ma ti amo”. La mimosa, però, esprime anche sicurezza, onestà, innocenza, libertà, autonomia, pudore, sensibilità, incoraggiamento…E poi, la mimosa è anche il simbolodell’oroe del sole, la raffigurazione della vita che trionfa e della vittoria sulle forze del male.

La mimosa è un fiore, ma dal mondo vegetale ha percorso parecchia strada.

Mimosa, infatti, è anche il nome di un gruppo di stelle lontane dalla terra 385 anni luce. Per vedere la sua costellazione, la CrocedelSud, bisogna andare nell’emisfero australe.

Dal cosmo al bicchiere, il giallo della mimosa ha ispirato l’omonimo cocktail: un classico fizz metà succo d’arancia filtrato e metà champagne. Attenzione: meglio preparalo un po’ in anticipo e tenerlo ben in fresco prima di servirlo.

Sempre dal fiore prende nome la tortamimosa che, dopo essere finita nel dimenticatoio per qualche decennio, sta tornando di moda. D’aspetto, sembra davvero ricoperta dei pallini gialli della pianta: in realtà, si tratta di uno strato di piccoli ritagli di pan di spagna che nascondono un cuore morbido di crema pasticcera e panna montata.


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Scevola



La scevola è una pianta erbacea perenne originaria dell’Australia; si sviluppa eretta o ricadente, come tappezzante, non superando i 20-30 cm di altezza; in natura è una pianta perenne, ma teme il freddo e mal sopporta gli inverni umidi della nostra penisola, dove viene coltivata come annuale, oppure come pianta da appartamento durante i mesi invernali. Produce densi cespugli ricadenti, molto ramificati, con fusti sottili e flessibili, che portano numerose foglioline lanceolate, di colore verde scuro, leggermente coriacee; da marzo-aprile, fino a settembre, produce piccoli fiori dalla particolare forma a ventaglio, di colore porpora o viola, con occhio giallo o bianco. Pianta molto originale, viene utilizzata nelle aiole, ma anche in vaso, soprattutto in panieri appesi.

Il suo nome fa riferimento all’eroe romano Muzio Scevola (dal latino scavus, mancino) che dimostrò il suo coraggio al nemico che l’aveva catturato, bruciando la sua mano destra in un braciere. La forma del fiore ricorda infatti la mano con 5 petali disposti a ventaglio. E’ quindi la pianta dei tenaci, delle persone forti che sono disposte a qualunque sacrificio per far valere i loro diritti e le loro verità. Un fiore di scevola si può regalare in dimostrazione di appoggio e sostegno ma anche per trasmettere forza e coraggio.


Scevola made by Aurin

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Biancospino


Biancospino

Il biancospino (crataegus oxyacantha) è un arbusto appartenente alla famiglia delle Rosacee, il cui nome deriva dal greco “kratos” che significa forza, “oxus” acuminato ed “anthos” fiore. I romani lo chiamavano albaspina, ovvero spina bianca, nome ancora oggi diffuso, e gli attribuivano il potere magico di scacciare gli spiriti maligni grazie alle sue spine aguzze. Come i greci, lo usavano per addobbare gli altari durante i riti nuziali, ed in più lo adoperavano come arbusto protettore per i neonati, ponendo sopra le culle dei piccoli alcuni rametti fioriti. Fiorisce in aprile-maggio, abbellendosi di fiorellini bianco-rosa dal profumo delicato e gradevole; i frutti invece si raccolgono a settembre-ottobre. E’ originario dell’Europa, del Nord Africa, dell’Asia occidentale e del Nord America, esemplari che si trovano nelle zone di alta montagna riescono persino a raggiungere i 500 anni di vita e, si sviluppano fino ad un’altezza di 5 metri.

L’invio di fiori del biancospino è considerato segno di dolce speranza. Nellinguaggio dei fiori e delle piante simboleggia la dolce speranza ed è la pianta ideale da regale quando si vuole augurare buona fortuna. Nell’antica Roma a questo fiore si attribuiva il potere di allontanare gli spiriti del male e per questo motivo veniva scelto durante la celebrazione di matrimoni e come simbolo di protezione per i neonati.

Nella mitologia romana, il biancospino è la pianta consacrata alla dea Flora (la dea della primavera) e alla dea Maia (la dea del mese di maggio), secondo la leggenda si narra che la dea Maia imponeva la castità e, quindi, durante il suo mese non si potevano celebrare matrimoni. In casi veramente eccezionali quando celebrare il matrimonio era necessario, per placare le eventuali ire di Maia, si dovevano accendere in suo onore cinque torce fatte di legno di biancospino.

In epoca medioevale durante il mese di maggio era usanza popolare mettere un albero di biancospino nella piazza del paese, questo veniva poi riccamente decorato e qualche giorno dopo si celebrava una festa nel corso della quale si eseguivano danze propiziatore, proprio intorno all’albero di biancospino. Il rito appena descritto aveva lo scopo di dare prosperità al paese in cui veniva eseguito.

Le antiche popolazione celtiche gli dedicavano un intero mese (da metà maggio a metà giugno odierni) e lo consideravano l’albero delle fate, secondo le credenze popolari del tempo dove cresceva un biancospino con pazienza si sarebbero potute ammirare le piccole e magiche creature fatate.

In Inghilterra il biancospino è accompagnato da un’antica leggenda che riguarda Giuseppe d’Arimatea, il membro del Sinedrio che si rifiutò di condannare Gesù Cristo. La leggenda vuole che Giuseppe d’Arimatea dopo aver raccolto il sangue di Gesù Cristo ed averlo seppellito, partì verso la Britannia e una volta giunto sull’isola, piantò il suo bastone in terra. Il bastone dopo qualche tempo germogliò dando vita ad una pianta di biancospino. Accortosi dell’evento, Giuseppe d’Arimatea decise di edificare, accanto alla pianta, una chiesa che fu la prima chiesa costruita in Inghilterra. Da quel momento in poi ogni anno durante il periodo natalizio il biancospino fioriva ed un suo ramoscello in fiore veniva portato in dono ai regnati Inglesi. Secondo le credenze inglesi i fiori bianchi rappresentano l’Immacolata Concezione, gli stami rossi le gocce del sangue versato da Gesù Cristo e, le spine simboleggiano la corona di spine posta sul suo capo.

Al giorno d’oggi il biancospino di qualità crataegus monogyna viene utilizzato da alcuni artigiani poiché produce un legno di altissima qualità che dopo la lavorazione rimane lucente. Dal fiore si possono ottenere preparazioni che esercitano un’azione vasodilatatrice, ipotensiva, sedativa e diuretica.


Biancospino made by Aurin

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Garofano


Garofano

Il Garofano cresce nelle zone temperate della Terra e il suo nome scientifico (Dianthus) deriva dal greco e significa “fiore degli dei”. Introdotto in Europa durante il Medioevo, fu inteso come il ‘fiore di Dio’, il Suo occhio onnipresente al quale nulla può sfuggire.  Altri studi traducono, invece, la parola Dianthus in “fiore celeste” o “fiore di Giove”. Il nome “garofano” potrebbe essere sinonimo di “incoronazione” e “corona”, poiché ai tempi dei greci i suoi fiori venivano utilizzati per costruire corone cerimoniali. Altri, invece, pensano che il suo nome derivi dal latino “carnis” o “incarnatio” riferendosi al suo colore originario roseo e all’incarnazione di Dio fatto di carne. Il Garofano è una pianta perenne erbacea che può raggiungere gli 80 centimetri di altezza. Le foglie appaiono di color grigio-verde tendente al verde-blu. I fiori sono singoli o a gruppi di cinque che formano un’infiorescenza. Il colore originario del fiore è rosa-porpora ma attualmente esistono tantissimi cultivar di colori diversi, tra cui rosso, giallo, bianco e verde.

Secondo la tradizione i Garofani vengono indossati in occasioni speciali, in particolare per celebrare la festa della mamma e in occasione dei riti nuziali. In Corea, per esempio, i Garofani rossi e quelli rosa vengono utilizzati per dimostrare amore e gratitudine verso i propri genitori. Questo avviene in occasione del giorno dedicato al loro festeggiamento. In occasione della Festa degli Insegnanti, celebrata sempre in Corea il 15 maggio, le persone, soprattutto studenti, esprimono ammirazione verso ai loro insegnanti donando Garofani. Questo fiore, infatti, assume, in questo paese dell’Estremo Oriente, ammirazione, amore e gratitudine. Il Garofano rosso è anche il simbolo della Festa del Lavoro così come del movimento dei lavoratori, in alcuni paesi come l’Austria, l’Italia. In Portogallo, invece, il Garofano rosso è simbolo della rivoluzione :”la rivoluzione dei garofani” da quando, il 25 aprile 1974, un colpo di Stato militare di sinistra compiuto senza armi, marciando attraverso Lisbona portando garofani rossi, portò la democrazia in Portogallo e l’indipendenza alle colonie africane portoghesi. In Giappone, il Garofano è simbolo di augurio di buona fortuna o di pronta guarigione.

Molte sono anche le leggende che si celano dietro a questo fiore; tra le tante, si parla di un racconto mitologico diviso tra due versioni differenti: qualcuno racconta la storia di un giovane ragazzo il quale, inizialmente, venne sedotto dalla Dea della caccia, Diana, per poi alla fine essere lasciato dalla stessa poco dopo, abbandonandosi, così, alla morte per la disperazione. Dalle sue lacrime versate durante la delusione, poi, nacquero dei bellissimi fiori bianchi di garofano. Altri, invece, sostengono che fosse la giovane Dea Diana ad essersi innamorata del giovane ragazzo ma votata a rimanere casta e vergine, decise di strappare gli occhi al giovane per rendergli impossibile la vista verso le altre ragazze. Una volta buttati gli occhi a terra, essi si tramutarono in fiori di garofano.

Tra le tradizioni, invece, ne esiste una la quale sostiene che i garofani bianchi siano nati dalle lacrime di Vergine Maria dopo la crocefissione di Gesù. Il garofano, che simboleggia l’amore religioso e inviolabile, viene anche rappresentato nella pittura dal quadro di Leonardoda Vinci, ovvero la “Madonna del Garofano”.

Ma non è finita qui, il garofano si rende protagonista non solo tra le leggende mitologiche e le tradizioni religiose, ma si fa spazio anche tra la storia; ad esempio si pensa che durante la prigionia di Maria Antonietta, durante la rivoluzione francese, ella riceveva dei messaggi segreti arrotolati a dei fiori di garofano. Oppure si racconta di un distillato ricavato dai fiori di garofano che riuscì a bloccare un’epidemia di peste che fece morire molti soldati del Re di Francia, Luigi IX, nel 1270.

Effettivamente, dal fiore di garofano è possibile anche ricavare molteplici proprietà tra cui, ad esempio, gli infusi per guarire dai malanni come l’influenza e la febbre, ma anche decotti per donare sollievo dovuti ai dispiaceri amorosi.

Per tradizione, gli studenti dell’Università inglese di Oxford, portano un garofano bianco addosso in occasione del primo esame, rosa negli esami intermedi e rosso al conclusivo.

In passato esistevano soltanto garofani in tonalità rosa pallido e pesca, invece oggi è possibile inviare un mazzo di garofani misti in differenti colori alludendo del fascino di una donna raffinata. Ogni colorazione rappresenta un messaggio diverso, ma la tinta unita è una risposta positiva a una domanda, mentre la striata indica un rifiuto, un rammarico o un rimpianto.

Garofano rosso: l’usanza vuole che il garofano rosso sia simbolo di celebrazione verso il primo anno di matrimonio; il significato, però, cambia in base all’intensità del colore: può rappresentare un amore appassionato, un amore sofferto, ammirazione, passione o desiderio. Il garofano rosso viene anche indossato da tutti i paesi europei per celebrare la giornata del primo Maggio; in Giappone, invece, viene usato durante un lutto. Un garofano rosso scarlatto era spesso infilato nell’asola del bavero della giacca del presidente degli Stati Uniti William McKinley, Governatore dell’Ohio, in carica dal 1897 fino all’attentato mortale da parte di un anarchico nel 1901. In memoria di McKinley, l’Ohio designò il garofano rosso fiore rappresentativo nazionale nel 1904.

Garofano giallo: nel linguaggio dei fiori, il garofano giallo esprime l’indecisione e l’incertezza riguardo i propri sentimenti. Il garofano giallo indica il provare rifiuto, disdegno, disprezzo, sconforto e delusione.

Garofano bianco: il garofano bianco raffigura la fedeltà. Simboleggia amore reciproco, bellezza e innocenza; ed è un modo per far capire all’altra persona che è unica. Nella pittura rinascimentale venivano ritratti gli sposi intenti a scambiarsi garofani bianchi durante il matrimonio come voto di fedeltà. I garofani bianchi sono rimasti tradizionali nei bouquet da sposa e negli addobbi nuziali a testimonianza dell’amore vero e devoto, come portafortuna augurante felicità mentre, nelle associazioni e nelle Confraternite, sono in segno di coraggio. Ma, in molte religioni, cuscinetti o corone di garofani bianchi hanno un uso ornamentale nei funerali come messaggio di pace e di tranquillità specialmente per l’anima innocente di un defunto giovanissimo. Nel 1907, il garofano bianco fu scelto da Anna Jarvis (1864-1948) – la promotrice della ‘Festa della Mamma’ – per celebrare la memoria e la preferenza di sua madre, mancata due anni prima.

Garofano rosa: il garofano rosa esprime un ricordo indimenticabile, un pensiero dolce e affettuoso. E’ rimasto tradizionale per la ‘Festa della Mamma’ quale simbolo del suo amore eterno. Il garofano rosa è, infatti, un messaggio di amore materno, felicità, gratitudine, ricordo onnipresente, amicizia.

Garofano viola: in Francia, il garofano porpora viene utilizzato durante i funerali, ma nel linguaggio dei fiori rappresenta il capriccio. Anche se di grande impatto estetico, i garofani viola sottolineano l’antipatia, la capricciosità, l’incostanza e l’inaffidabilità di chi li riceve;

Garofano Dianto: è il garofano comune e simboleggia una donna amata, attrazione ma anche rassegnazione.

Garofano verde: il garofano verde rappresenta la perseveranza e la conoscenza, oltre ad essere un colore che dona calma ed equilibrio regalando effetti calmanti. I garofani verdi assunsero una valenza sociale, nel corso dell’800 e del ‘900, come portafortuna – essendo il verde il colore della buona sorte per tradizione – o come simbolo delle preferenze omosessuali. Spesso venne appuntato sul bavero dallo scrittore, poeta e drammaturgo irlandese Oscar Wilde (1854-1900) proprio per alimentare i pettegolezzi. Una satira su Wilde in relazione al poeta inglese Alfred Bruce Douglas, figlio del Marchese di Queensberry, comparve nel romanzo ‘Il Garofano Verde’ (pubblicato anonimo nel 1894) scritto dal giornalista e romanziere inglese Robert Smythe Hichens (1864-1950). Ritirato dal commercio l’anno seguente per non influenzare il processo intentato per ‘indecenza’ a Wilde, fu ripubblicato dal 1949. Della questione dell’accusa di omosessualità per la relazione con Douglas e della condanna a due anni di lavori forzati toccata a Wilde, trattò il film inglese ‘Il garofano verde’ (1960) diretto da Ken Hughes.

Fiori di garofano in tonalità non esistenti allo stato naturale forse erano già ottenuti dagli antichi Egizi immergendo lo stelo tagliato di fresco della varietà di colore bianco in acqua contenente coloranti alimentari.

I petali freschi dei garofani non trattati con pesticidi rappresentano una raffinata decorazione, ma sono soprattutto dei fiori commestibili dai sapori diversi, dal piccante al dolciastro, ottimi su paste, secondi, formaggi freschi, insalate, dolci e gelati. I petali di garofano possono essere mescolati a carote affettate o a pezzetti di ananas in gelatina fredda al limone da presentare in stampini capovolti su foglie di lattuga; congelati in cubetti di ghiaccio, anche con l’aggiunta di coloranti alimentari, risultano gradevoli e di effetto con le bevande fredde dissetanti (acqua, tè o limonata); inzuccherati, a seconda del colore insaporiscono diversamente un dessert e un vino di accompagnamento. I fiori di garofano bianco, utilizzati in America come aromatizzanti di gelatine, conserve, marmellate, rientrano anche nella preparazione di liquori, sciroppi, oli, cocktail, caramelle. I petali di garofano essiccato sono impiegati a uso decorativo e aromatico in pot-pourri, sacchetti e candele profumate, bastoncini di incenso e prodotti cosmetici.


Garofani made by Aurin


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Margherita, Bellis Perennis, Pratolina


Prato di margherite

La Margherita, il cui nome scientifico è Leucanthemum vulgare è una pianta erbacea della famiglia appartenente alla famiglia Asteracee molto diffusa nei prati di tutta la penisola italiana. Il nome generico (Leucanthemum) deriva da due parole greche. La prima, leukos che significa bianco e la seconda, anthemon che significa fiore.

Nel linguaggio dei fiori, la margherita ha diversi significati, tutti positivi e collegati con il concetto di ‘verità’. E’ innanzitutto il fiore delicato della purezza e dell’innocenza, della semplicità e della modestia, ma anche dell’amore fedele e della pazienza. Da sempre apprezzato per la bellezza della sua apparentemente semplice fattezza, il significato della margherita simboleggia l’innocenza giovanile, libera dai sensi di colpa, dal peccato, dalla corruzione. Un tempo, infatti, era comunemente raccolto nei prati dalle fanciulle e infilato tra le ciocche dei capelli.

A seconda dei soggetti interessati, il messaggio insito nelle margherite diventava particolarmente significativo quando venivano regalate e accettate: elogio alle numerose virtù, tante quanti erano i petali di ognuno di questi fiori, consegnava sincerità e irreprensibilità in mano di chi la riceveva, ma poteva anche costituire una promessa di amore fedele. Quindi, quando il silente linguaggio nei fiori era conosciuto a livello popolare, una fanciulla accettava le margherite con grande onore, considerandolo un gesto in onore della sua rispettabilità o una prova di affetto. Ma, se il dono veniva offerto in pubblico, allora si caricava del significato di affidare un segreto in buona fede a chi lo avrebbe custodito al sicuro, celandolo a tutti, senza mai rivelare la verità e accettandolo si prendeva in considerazione la richiesta. Tra innamorati, è sempre stata l’equivalente di una confessione e di pegno di sentimento eterno.

margherite

Grazie ad un’usanza comune nel Medio Evo ha assunto il significato di: “ci devo pensare” infatti donarla a una persona che ha confessato il suo amore vuol dire che non si è sicuri di contraccambiare i suoi sentimenti, che è necessario pensarci un po’ su! Nel medioevo le donne innamorate dei loro cavalieri cingevano con una corona di margherite gli scudi dei valorosi guerrieri; quando invece volevano accettare una proposta di matrimonio, le dame si cingevano con una corona di margherite la propria testa.

Il fiore reciso, riunito in un bel mazzo, è rimasto comunemente celebrativo del 5° anniversario. Ma sul significato del fiore Margherita interviene anche una leggenda norvegese: è il fiore sacro di Freya, dea dell’amore, della bellezza e della fertilità e per questo simbolizza il parto, la maternità e i nuovi inizi. Le margherite vengono tutt’oggi donate alle neo-mamme come buon auspicio per il lieto evento.

Anticamente questo fiore era legato alla dea Artemide, figlia di Zeus e sorella gemella di Apollo, e per questo motivo era legata al genere femminile.

Per la forma del fiore, con i petali a raggiera attorno al disco centrale giallo, la margherita infatti allieta come se portasse il sole nella vita delle persone. Gli anglosassoni le avevano dato un nome appropriato: ‘daisy’, che derivava da ‘day’s eye’ e significava ‘occhio del giorno’, visto che si apriva al mattino e si chiudeva di notte, e da questo ne aveva indotto anticamente di utilizzarla per lenire i problemi agli occhi. In alcune zone dell’Inghilterra, era chiamata anche ‘thunderflower’ dato che raggiunge il picco di fioritura stagionale in estate, quando sono più frequenti i rovesci temporaleschi, ma si pensava pure che proteggesse da tuoni e fulmini.

Secondo la mitologia romana, una ninfa Belide fu trasformata nel piccolo fiore Bellis – nome scientifico della margheritina pratolina – per soddisfare la sua richiesta agli dei di aiutarla a sfuggire alle attenzioni non desiderate di Vertumno, dio dei boschi e delle stagioni, che la aveva adocchiata ballare con le compagne sul ciglio della foresta.

L’origine della margherita risale a più di quattromila anni fa. Sono stati ritrovati reperti di antiche ceramiche così decorate in Egitto e nel Medio Oriente, oltre a forcine d’oro per capelli con questi ornamenti negli scavi del palazzo minoico sull’isola di Creta. Nell’antica Roma, i chirurghi che accompagnavano le legioni romane in battaglia mandavano gli schiavi a riempire i sacchi di margherite fresche da spremere per impregnarne del succo le bende utilizzate per curare le ferite da taglio inflitte da spade e lance. Le foglie fresche triturate servivano per trattare esternamente ulcerazioni, contusioni, pelle screpolata, mentre la pianta, nel corso dei secoli, è stata più impiegata come rimedio popolare per alleviare la pertosse, l’asma, il nervosismo, la sudorazione notturna, l’ittero. Si narra anche che Enrico VIII (1491-1547), re d’Inghilterra e d’Irlanda, si cibasse di piatti a base di margherite per eliminare i dolori di stomaco causati dall’ulcera ma, nello stesso periodo, si credeva pure che si potesse curare la pazzia bevendo, in piccole dosi e per più di 15 giorni di seguito, il succo ottenuto dall’infusione di questi fiori nel vino. Pur avendo un sapore amarognolo, le foglie giovani di margherita vengono ancora servite in insalata in alcune parti d’Italia.

In una leggenda celtica, gli dei avevano sparso a terra le margherite, simbolo di innocenza, per alleviare il dolore ai genitori dei bambini morti durante il parto. Erano anche diffuse numerose credenze popolari, a partire da quella per cui sognare margherite in primavera o in estate fosse di buon auspicio ma, se succedeva in autunno o in inverno, allora significava di sicuro un destino sfortunato. Nel Medio Evo, gli agricoltori inglesi sostenevano che la bella stagione non era ancora arrivata finché non era possibile posare il piede su sette (o nove o dodici) margherite fiorite in un colpo solo nel prato; che trapiantare quelle selvatiche in un giardino coltivato portasse sfortuna e che una ragazza avrebbe potuto sapere per quanti anni doveva ancora aspettare di sposarsi contando quanti di questi fiori erano rimasti in una manciata strappata ad occhi chiusi. I cavalieri innamorati partivano in battaglia con addosso una margherita e le loro amate li attendevano disegnando questo fiore. Dopo avere ricevuto una proposta d’amore, era tradizione che la fanciulla rispondeva in modo affermativo ponendo una ghirlanda di margherite sul capo. Secondo un racconto cristiano, invece, i Re Magi in viaggio capirono di aver trovato dove si trovava la Sacra Famiglia di Gesù neonato quando, dopo aver chiesto un segno in aiuto, notarono improvvisamente moltissime piccole margherite bianchenei pressi di una stalla e ne riconobbero la somiglianza con la stella luminosa a cometa che li aveva condotti a Betlemme.

“Lui mi ama, non mi ama”, cantavano le ragazze tirando via i petali di una margherita, uno per volta, ruotata da destra a sinistra, tenendone il gambo con l’altra mano, finché l’ultimo rimasto è quello decisivo per predire l’esito della questione. Pare che questa pratica profetica, compresa la frase, fosse stata avviata per la prima volta in epoca vittoriana da una cameriera dal cuore spezzato, ma che desiderava trovare di nuovo un corteggiatore che la amasse. Ugualmente Margherita interrogava il fiore omonimo per sapere se Faust la amava nella prima parte del romanzo ‘Faust’ (1808) scritto dal poeta e scrittore tedesco Johann Wolfgang von Goethe (1749-1832). Questa forma popolare di profezia, tramutatasi in forma recitata, è continuata ovunque nel tempo, in modo più affievolito, spensierato e scherzoso.

Nel Prologo al poema ‘La leggenda delle donne eccellenti’ (scritta nel 1386) – scritto in commemorazione di coloro che, nella storia e nella mitologia, sono state abbandonate – lo scrittore e poeta inglese Geoffrey Chaucer (ca. 1343-1400) professò la sua predilezione per la margherita, difesa da Alcesti e attaccata nella lealtà da Cupido. L’eroina greca fu associata con il simbolo solare di una margherita, che diventò così il ‘fiore di Alcesti’. Il poeta inglese John Keats (1795-1821), in procinto di morire, disse che sentiva già le margherite crescere sulla sua tomba. Come fiore ‘dolce’, questo fiore è evocato anche dal poeta inglese William Wordsworth (1770-1850) nelle tre poesie dal titolo omonimo scritte nel 1802.

Considerate nate dalle lacrime della Vergine Maria, le margherite erano spesso rappresentate come simbolo dell’innocenza di Gesù Bambino nelle opere d’arte nel periodo medievale. Rientravano anche tra le varietà utilizzate per i Giardini di Maria idealizzati – fiori, altari, recinti, quadri – in nome delle virtù e degli eventi significativi della vita della Vergine e talvolta di San Giovanni, secondo il simbolismo floreale. Durante i millenni, le margherite sono diventate emblemi di celebrazioni ecclesiastiche per la purezza incarnata – in riferimento al cuore, alla mente e all’anima – fino alla santità interiore, come fiore di San Giovanni Evangelista (6 maggio) in onore di San Giovanni Evangelista e di Santa Margherita (20 luglio).